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Durante la 61° edizione dell’ASH – il meeting annuale della American Society of Hematology, quest’anno a Orlando (USA) – sono stati premiati due giovani ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele entrambi laureati presso il nostro Ateneo: si tratta di Annamaria Aprile, che si è aggiudicata l’Ash Giuseppe Bigi Abstract Achievement Award, e Pier Edoardo Rovatti, che ha vinto l’Ash-Sie Abstract Achievement Award. Le ricerche dei due giovani ricercatori si sono dimostrate fondamentali per il progresso del campo ematologico e onco-ematologico.
Le recidive della Leucemia Mieloide Acuta
Rovatti – 25 anni, originario di Verona e appena laureatosi all’Università Vita-Salute San Raffaele in Medicina e Chirurgia – lavora nel laboratorio di Immunogenetica, genomica e immunobiologia delle leucemie diretto da Luca Vago. La ricerca premiata riguarda un tipo particolare di recidiva della Leucemia Mieloide Acuta, in cui le cellule tumorali, a seguito del trapianto di midollo, si nascondono dai linfociti T attraverso la mutazione di alcune proteine presenti sulla loro membrana. Insieme ai colleghi dell’unità diretta da Luca Vago, Rovatti sta testando, per ora sui topi, un anticorpo particolare in grado di rendere il tumore di nuovo visibile al sistema immunitario, vanificando così il “trucco” usato dalla malattia.
I meccanismi alla base della beta talassemia
Nata in provincia di Alessandria, anche Annamaria Aprile si è laureata all’Università Vita-Salute San Raffaele, in Biotecnologie Mediche, per poi fare un dottorato a Roma-Tor Vergata e rientrare in seguito all’IRCCS Ospedale San Raffaele, nell’unità diretta da Giuliana Ferrari presso l’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica. Il lavoro di Aprile esce dal campo oncologico e riguarda una malattia genetica rara del sangue, la beta talassemia, molto diffusa nell’area mediterranea. Nella beta talassemia i globuli rossi sono incapaci – a causa di una mutazione genetica – di trasportare con efficienza l’ossigeno. La ricerca di Aprile ha dimostrato per la prima volta che anche le cellule staminali del sangue – da cui derivano i globuli rossi – si comportano in modo anomalo nei pazienti malati. Secondo i primi risultati ottenuti dal gruppo, modificare il microambiente del midollo osseo, in cui queste cellule vivono, potrebbe costituire una nuova strategia terapeutica.
“Siamo particolarmente orgogliosi dei nostri giovani. I premi non sono solo la dimostrazione dell’eccellenza della ricerca svolta nei nostri laboratori, ma testimoniano che stiamo crescendo una nuova generazione di medici e scienziati che faranno la differenza”.
Conclude il Prof. Fabio Ciceri, Ordinario di Ematologia UniSR, primario dell’Unità Operativa di Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo e Vice Direttore Scientifico per la Ricerca Clinica dell’Ospedale San Raffaele:
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