In occasione del terzo evento online organizzato dall’Associazione AlumniSR sul tema “Innovazione e Fake news”, abbiamo incontrato Andrea Fava (MD Johns Hopkins University), tra i relatori del webinar del 18 novembre nonché Alumno San Raffaele, per fargli alcune domande e conoscerlo meglio.
Qual è stato il tuo percorso formativo, universitario e post lauream?
Dopo la laurea in Medicina al San Raffaele nel 2010, mi sono trasferito negli USA per un post-doc di ricerca alla Johns Hopkins University. Il focus: lo studio di cellule autoreattive nelle malattie autoimmuni sistemiche, in particolare, nella sclerodermia. Nonostante arrivai con l’obiettivo di ritornare in Italia dopo due anni, oggi sono ancora qui. Ho completato una residency (specializzazione) in Medicina Interna ed una fellowship (sottospecializzazione) in Reumatologia, sempre a Johns Hopkins, dove sono da breve parte del corpo docenti.
Di cosa ti occupi attualmente?
Lupus eritematoso sistemico, una malattia autoimmune che puo` coinvolgere ogni organo. In quanto “physician-scientist”, svolgo un ruolo clinico in cui seguo una coorte di pazienti al Johns Hopkins Lupus Center e sono coinvolto nella ricerca clinica e di base.
Quale è l’ ambito di ricerca in cui lavori attualmente ?
Il mio obiettivo e` caratterizzare i meccanismi patogenetici della nefrite lupica, una complicazione del lupus che puo’ portare ad insufficienza renale. Il mio approccio e` attraverso la “systems biology”, una branca di ricerca che studia i processi biologici in maniera omnicomprensiva. Ad esempio, utilizzando modelli matematici, integriamo trascrittomica (l’espressione di ogni singolo gene di ogni singola cellula), proteomica (l’espressione di tutte le proteine) e “personomica” (la summa delle variabili cliniche e personali dei pazienti).
Passiamo ora all’argomento del nostro webinar.
Mercoledi 18 novembre, ore 18:30
Innovazione e fake news, moderato da Maura Gacitano (Progetto Tlon) con ospiti
Andrea Fava, MD Johns Hopkins University
Andrea Grignolio, Ph.D. Medical Humanities UniSR
Si parla spesso di innovazione in ambito medico e oggi più che mai nella ricerca; come percepisci questa innovazione nel tuo specifico campo e soprattutto come ritieni sia da considerarsi in una realtà come l’America dove oggi risiedi, rispetto all’Italia?
Ci troviamo nel mezzo di tre grandi rivoluzioni tecnologiche che stanno rimodellando la medicina: una superiore capacita` di misurare fenomeni, maggiore potenza di calcolo e migliore connettivita`.
La rivoluzione nella misurazione ha migliorato esponenzialmente la sensibilita` e l’accuratezza delle osservazioni consentendo la quantificazione di migliaia di parametri (geni, proteine, metaboliti, stati fisiologici, fenotipi di malattia e imaging) contemporaneamente in vari domini clinici, biologici, psicologici o sociali. Analogamente, la velocita`, sofisticazione e la potenza di calcolo stanno accelerando la scoperta di nuovi sottogruppi di pazienti e i sottostanti meccanismi di malattia. Infine, mai come prima siamo in grado di interagire con ogni altro individuo in ogni continente (ormai forzatamente dal salotto di casa) e muovere quantità enormi di dati invece che spostare persone o supporti digitali. Da “data scientist”, questo è un periodo storico di grande meraviglia.
Questi cambiamenti stanno portando la medicina ad essere sempre più personalizzata o, come battezzata da Eric Topol, “high-definition medicine”. In un futuro che è gia qui, si sta ridefinendo la salute in termini molecolari e basati su miriadi di dati. L’intelligenza artificiale ci permette di espandere le facoltà del nostro intelletto. La nostra nuova ed enorme capacità di comprendere queste informazioni è accompagnata dall’opportunità di intervenire grazie agli altrettanto prodigiosi progressi nell’editing del genoma, ingegneria dei tessuti, nanomedicina, e trattamenti personalizzati.
Ecco credo che queste rivoluzioni stiano sempre di più abbattendo le frontiere e democratizzando la scienza. Ora si può accedere e contribuire a ricerca di eccellenza da ovunque nel mondo, dall’Italia così come dagli Stati Uniti. Le collaborazioni internazionali sono spesso la norma.
Il divario tra gli Stati Uniti e l’Italia credo sia nella quantità di investimenti economici nella ricerca e nella rapidità nella commercializzazione. Forse la maggior parte delle nuove tecnologie vengono sviluppate e monetizzate negli Stati Uniti. Ma più risorse non significa automaticamente scienza di qualità migliore.
L’Italia ha un capitale scientifico in termini di medici e ricercatori che permette la produzione di scienza di primissimo livello ed altamente creativa.
Da studente universitario, non mi rendevo conto dell’incredibile preparazione che questa università offre agli studenti non solo in termini nosologici ma ancor più nel modo di pensare, nell’arte dell’osservare e nel coltivare la curiosità nella scienza e nell’essere umano.
Il mio mentore, Antony Rosen, dice che:
nell’arte dell’osservare sopravvengono “moments of wonder”, episodi di meraviglia in cui, ad esempio, si notano fenomeni condivisi tra sottogruppi di pazienti e che permettono la scoperta di meccanismi di malattia che cambiano la storia.
Queste opportunità trascendono la quantità di finanziamenti. Per cui credo che i medici e gli scienziati che si formano in Italia abbiano le risorse chiave per cavalcare e generare le attuali e le prossime rivoluzioni scientifiche.
Il termine fake news è oggi ampiamente usato e forse spesso abusato. Che tipo di ripercussioni ritieni questo abbia attualmente in ambito medico?
L’obiettivo ultimo della scienza è la comprensione della natura, della verità`. Con un fine cosi assoluto, la scienza si rende umile. Nel metodo scientifico, viene proposta un’ipotesi come soluzione ad un fenomeno inspiegato. Ne segue un esperimento per verificare o falsificare quanto ipotizzato. Con il progresso della tecnologia e della conoscenza, le ipotesi ritestate in condizioni migliori possono essere confermate o ribaltate. Quindi, mentre la natura possiede una verità sola ed immutabile, la conoscenza scientifica assume costantemente la possibilità dell’errore. Negli anni 60 si pensava che l’ulcera peptica fosse dovuta allo stress o un eccesso di acido. Solo alla fine degli anni 80 e` stato dimostrato che un batterio (Helicobacter pilori) all’origine dell’ulcera. Dovremmo quindi tacciare i medici sostenitori in buona fede della teoria dell’acido di diffondere “fake news”? Non credo.
Le parole “false” e “fake” vengono entrambe tradotte in falso in italiano. Tuttavia, “fake” viene utilizzato per indicare falsificazione, frode, contraffazione, ipocrisia. Questa distinzione è critica perché implica malafede nell’intento di chi diffonde una “fake news”.
Io estenderei questo concetto anche a chi diffonde notizie con negligenza, imperizia, o imprudenza. Queste tre regole di condotta sono il nucleo centrale della colpa giuridica e stabiliscono la responsabilità che medici, scienziati ed esperti hanno quando comunicano con il pubblico.
David Hellman, un medico che ha fatto la storia di Johns Hopkins, mi ha insegnato che “Medicine is public trust”, ovvero che la Medicina è un bene comune in cui viene riposta la fiducia della popolazione. Questa fiducia conferisce grande potere a medici e scienziati a cui il singolo o la popolazione affidano la propria salute e a cui si affidano in momenti di crisi.
Il medico che diffonde “fake news” erode la fiducia nella medicina e nella scienza.
Ne seguono la confusione nei “non tecnici” ed il danno alla salute delle persone.
Il giuramento di Ippocrate recita
“Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro: […] di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza”.
Oggi più che mai, chi non è in grado di onorare il peso di questa responsabilità o di adempiere a questi 3 principi con umiltà andrebbe riabilitato e allontanato da TV, giornali, e social media in quanto individuo pericoloso.
In un mondo così diviso abbiamo l’opportunità di unirci verso l’obiettivo comune della Veritas. Mettendo da parte il prurito di voler umiliare l’avversario in disaccordo con la nostra opinione che domina programmi televisivi e social media.
Chi come molti di noi ha avuto il privilegio di un’educazione superiore in una università come questa ha l’opportunità di influenzare il resto del mondo con l’equanimità (la massima qualità del medico insegnata a Johns Hopkins) di chi ricerca la verità nella scienza e l’umiltà di chi ha sperimentato il processo scientifico.
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