In occasione del secondo evento online dell’Associazione AlumniSR sul tema “Big Data e Crisi della democrazia”, abbiamo incontrato la dott.ssa Giulia Bistagnino, tra i relatori del Webinar del 30 settembre nonché Alumna San Raffaele, per farle alcune domande e conoscerla meglio.
Giulia Bistagnino, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano, inizia la sua carriera accademica laureandosi nel 2007 presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele.
Qual è stato il tuo percorso formativo, universitario e post lauream?
Ho studiato filosofia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, dove ho conseguito la Laurea Triennale con una tesi sui diritti umani. Successivamente, ho studiato presso la University of St. Andrews, in Scozia, e ottenuto un Master of Letters (M. Litt) in Philosophy. La mia dissertation si è concentrata sul problema della disobbedienza civile. Subito dopo l’esperienza scozzese, ho avuto la fortuna di partecipare, in qualità di collaboratore scientifico, al progetto “Valori civili e convivenza interculturale nelle scuole secondarie di primo grado milanesi 2008/2009” del CeSEP – Centro Studi di Etica Pubblica dell’Università Vita-Salute San Raffaele, sotto la supervisione del professor Roberto Mordacci e della professoressa Roberta Sala. Dopo questa esperienza molto formativa e a cui sono particolarmente legata, ho vinto una borsa di dottorato presso la Graduate School in Social, Economic and Political Sciences dell’Università degli Studi di Milano. Nel corso del dottorato, che ho conseguito nel 2013, ho svolto periodi di studio all’estero. In particolare, sono stata junior visiting scholar presso il Nuffield College a Oxford e il Center for the Study of Rationality della Hebrew University of Jerusalem. La mia ricerca durante il dottorato ha riguardato il problema del disaccordo e di come questo debba essere trattato all’interno di società democratiche.
Di cosa ti occupi attualmente?
Attualmente sono assegnista di ricerca in filosofia politica presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano e professore a contratto per l’insegnamento di “Political Philosophy” (modulo base e avanzato) del corso di dottorato in “Political Studies” del NASP – Network for the Advancement of Social and Political Studies dell’Università degli Studi di Milano.
A quali temi hai deciso di dedicare il tuo progetto di ricerca?
Dal punto di vista della ricerca, oltre a continuare ad occuparmi del problema del disaccordo e, più specificatamente, della nozione di compromesso, negli ultimi anni ho lavorato sul ruolo della conoscenza nei processi di decisione politica e, in particolare, sul difficile rapporto tra esperti e democrazia. Sembra, infatti, esistere una tensione tra esperti e democrazia: se è vero che il ricorso agli esperti aumenta la qualità epistemica del processo decisionale, è anche vero che le procedure democratiche si fondano sull’ideale morale dell’uguaglianza, secondo cui tutti i cittadini di una comunità politica hanno il diritto a un’eguale partecipazione.
Ripensando al tuo percorso di studi, oggi ritieni che la tua esperienza in UniSR ti è stata utile per questo tipo di percorso?
La mia esperienza presso l’Università Vita-Salute San Raffaele è stata positiva e molto utile. Uno dei tratti distintivi della Facoltà di Filosofia UniSR è il pluralismo degli insegnamenti e delle prospettive filosofiche. Durante gli studi triennali sono stata così esposta a diversi stili filosofici e questo mi ha permesso di scegliere con consapevolezza l’approccio a me più congeniale per perseguire un obiettivo di ricerca. Inoltre, la grande disponibilità dei docenti a interagire con gli studenti, discutendo e coinvolgendoci direttamente, sono stati importanti per mettermi alla prova e imparare a ragionare filosoficamente. Infine, lo stile didattico, in cui erano previsti la scrittura di paper e lo svolgimento di presentazioni su argomenti specifici, mi ha permesso di acquisire competenze fondamentali.
Quali sono le tue aspirazioni per il futuro?
Spero di poter continuare a svolgere attività di ricerca e di didattica nell’ambito della filosofia che più mi interessa, ovvero quello della filosofia politica normativa.
Hai qualche consiglio per chi sta per intraprendere un percorso di laurea in Filosofia?
Il consiglio che darei è di non farsi spaventare dal modo diverso in cui la filosofia viene insegnata all’università rispetto alle scuole superiori, dove solitamente ci si concentra maggiormente sulla storia della filosofia. È importante sapere che serve un po’ di tempo per acquisire il linguaggio appropriato e, quindi, non scoraggiarsi se all’inizio non tutto è chiaro immediatamente.
E per chi lo sta concludendo?
A chi si sta per laureare in filosofia direi di non avere paura, ma consapevolezza delle capacità acquisite. A differenza di percorsi universitari che portano a professionalità più definite (medicina, giurisprudenza, ingegneria), aver studiato filosofia significa avere imparato a pensare criticamente e questa capacità è multiforme, può cioè essere applicata in moltissimi ambiti diversi. Per questa ragione, si tratta di una risorsa preziosa e potente per qualsiasi obiettivo ci si impegni a raggiungere.
Passiamo ora all’argomento del nostro webinar.
Si sente sempre più spesso parlare di BIG DATA, ma ancora più spesso ci si accorge che chi usa questa espressione non conosce davvero bene il suo significato. Quale potrebbe essere secondo lei una definizione attenta e precisa?
Per rispondere a questa domanda in modo esaustivo bisognerebbe scrivere un articolo, quantomeno di review della letteratura. Il concetto di big data – come quello di fake news del resto – è particolarmente scivoloso e sfuggente e, proprio per questo motivo, gli esperti del settore sono in forte disaccordo sul suo significato e modalità di utilizzo. Tralasciando, per necessità di spazio, la complessità dei dibattiti accademici, penso si possa dire che i big data siano quei dati che vengono prodotti grazie all’utilizzo di tecnologie e sistemi informatici di elaborazione. Vengono definiti “big” perché rappresentano una mole enorme di informazioni e vengono generati di continuo, a una velocità incredibile che non ha precedenti nella storia, grazie all’uso intensivo delle tecnologie digitali. Il dibattito sui big data, invece, riguarda come questi dati – e in particolare quelli sensibili che ciascuno di noi produce attraverso strumenti e servizi digitali – sono e dovrebbero essere utilizzati da autorità pubbliche ed enti privati.
Come, la capacità di usare tutte queste informazioni per elaborare, analizzare e trovare riscontri oggettivi su diverse tematiche, influisce sull’attuale stato di democrazia?
Anche questa domanda richiederebbe molto spazio per una risposta approfondita ed esauriente. Mi limito qui a notare che uno dei problemi principali che il fenomeno dei big data pone per i sistemi democratici riguarda la possibilità di portare avanti campagne di micro-targeting mirate a diffondere, in modo poco trasparente, messaggi specifici confezionati appositamente per singoli utenti. Aziende che possiedono grandi quantità di dati su preferenze e interessi degli utenti, perché ne studiano e ne monitorano la vita online, possono influenzare il dibattito pubblico senza però avere l’onere e la responsabilità di rendere esplicito il proprio coinvolgimento. La digitalizzazione e il modo in cui il dibattito pubblico è sempre più segnato dalle discussioni sui social media creano le condizioni perché si possano violare più facilmente i principi di trasparenza e pubblicità fondamentali per la democrazia.
Vi aspettiamo per approfondire questi argomenti e molto altro nel prossimo evento dell’Associazione Alumni SR: Il webinar “Big Data e crisi della Democrazia” – 30 settembre ore 18.30